Lana made in Appennino: la storia di Lamantera

Lana made in Appennino: la storia di Lamantera

Ogni anno in Italia vengono bruciate circa 9000 tonnellate di lana proveniente soprattutto da allevamenti a pascolo. La missione di Lamantera è azzerare questo numero ripartendo da un’economia circolare.

Mentre tempo fa la lana veniva considerata una ricchezza, oggi è un bene di cui disfarsi. Sono pochi gli stabilimenti che ritirano la lana sucida, ovvero il manto delle pecore appena tosate.

Certo: per renderla utilizzabile servono dei lavaggi, i lanifici e degli spazi commerciali. Ma anche il mercato, le scelte e le tendenze nel mondo della moda stanno lasciando la lana in disparte.

La lana italiana diventerà per sempre uno scarto?

Il recupero della lana: Lamantera e l’economia circolare

“Mantera” è una parola che affonda le sue radici nella tradizione laniera abruzzese. Richiama le mantelle utilizzate dai pastori e i sopragonna delle donne nella regione aquilana.

Da quei semplici indumenti e dal quella terra nasce Lamantera.

Benedetta Morucci, la fondatrice, racconta il progetto. Ha abbandonato il suo lavoro per la possibilità di fare prodotti davvero circolari, giusti e in grado di raccontare una storia. Per farlo si è trasferita ad Anversa degli Abruzzi.

Insieme a Viola Marcelli, alla sua famiglia e a una bella comunità ha creato Lamantera. Viola ha raccontato la sua esperienza all’antropologa Anna Rizzo nel saggio Paesi Invisibili:

“Ho scelto di tornare a vivere ad Anversa dopo aver studiato e aver vissuto dieci anni fuori. Sogno di svecchiare le modalità di lavoro mantenendo salde le esperienze già vissute. Vorrei creare delle nuove collaborazioni, per semplificare i processi lavorativi, ristrutturando gli ambienti e formando il personale. Bisogna introdurre le donne in questo mondo: considerarle imprenditrici e non casalinghe. Qui non è scontato, soprattutto adesso che ho una famiglia e dei figli. Il paese non è di aiuto alle mamme che lavorano, non c’è una navetta che accompagna i bimbi a scuola, è difficile trovare una babysitter o chi ti aiuta con i bambini. Sarebbe bello se ci fossero meno impedimenti istituzionali o di patriarchi, ma sono fiduciosa e mi affido alla mia forza e alla mia determinazione”.

Grazie a Lamantera la lana abruzzese viene recuperata, trattata e utilizzata. Benedetta ha anche aperto un negozio online in cui vende filtato e cappelli (ovviamente, di lana).

Spesso si dà per scontato che l’economia circolare una volta creata, resti. Non è così: bisogna continuamente alimentarla, coltivarla.

La lana in Italia: da prodotto pregiato a rifiuto scomodo

C’è una filiera da ricomporre e Lamantera vuole ricostituirla. Lo vuole fare rispettando la produzione biologica, il benessere degli animali e l’accessibilità dei filati.

“La difficoltà più grande è stata mettere in piedi una filiera. Ho provato a bussare a diversi lanifici in Abruzzo, ma non ho trovato chi fa maglieria, perché c’è ancora un pregiudizio sulle lane italiane. Si parte del presupposto che siano lane grezze e poco pregiate”.

Non è sempre stato così: la lana italiana era un’eccellenza, ma oggi si è perso di vista il suo potenziale.

“Dopo essere stata lavata e selezionata, la lana biologica viene lavorata nel trevigiano, nello storico lanificio Paoletti. Un’altra parte a Biella, dove dal 2020 c’è un lanificio che tratta solo fibre ecosostenibili. Nel ciclo produttivo di Lamantera non c’è nulla di sintetico, solo materiali naturali e riciclabili che passano per lavorazioni lente in macchinari a basso impatto ambientale. Le tosature delle pecore abruzzesi sono oggi calzini, sciarpe e mantelle”.

Nel 2020 Lamantera ha vinto il terzo premio di RestartApp, l’iniziativa che ogni anno sostiene i progetti imprenditoriali per il rilancio dell’Appennino.